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no frondi. Eccovi un Baldo Giurista, che stette per dir
così, come le Palme, cento anni a metter frutto; onde
nacque lo scherno, che, mentr egli era scolare, avea da
tanti, che gli dicevano: Doctor eris Balde, sed præterilo
sæculo.
Che si dirà di quelli, che per ogni professione di Let-
tere portano un ingegno ugualmente perfetto; onde, co-
me a tutti i colori la luce così la lor mente ad ogni mate-
ria bassa o sublime, d ampia o di profonda misura, si
adatta? Pochi ve ne sono: pur ve ne sono; e loro dir si
può, per un intero panegirio, quella gran lode:
Sparguntur in omnes,
In te mista flutjnti et qux divisa beatos
Effiduni, collecia tenes,
Ingegni beati, in cui si vede ciò che Plinio vide in un
albero, che solo era un orto intero; poiché avea innestate
le tutte di tutti gli alberi: e quello che Ausonio ebbe in
una statua di Bacco, che teneva un non so che di tutti i
Dei; onde lo chiamò non un Dio solo, ma un Panteon.
Ciò molto più felicemente, e in materia di maggiore am-
mirazione e invidia espresso si vede in questi ingegni. So-
no soli; ma vaglion per molti eccellenti, e meritano, che di
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loro si dica, come del gran Colosso di Rodi: Majores sunt
digiti ejus, quam pleræquo stalux . Sono soli; ma si tra-
sformano, in tanti, quante professioni hanno le Lettere:
nè sapete in qual di loro sieno più eccellenti; poichè in
tutte sono pari a sè stessi, non son minori di verun altro,
e possono trovare piú facilmente chi gl invidii che chi gli
uguagli. Finalmente di qualunque forma d intendere li
vogliate, potranno dire come appresso i Poeti Vertunno:
Opportuna mea est cunctis natura figuris;
In quamcumque voles verte, Decorus ero.
In tanto altri vi sono sì determinati ad una sola mate-
ria di studj, e ciò non per elezione di volontà ma per
istinto di genio, che torli da essa è torre loro affatto l in-
gegno.
Chi vuol vedere la loro eccellenza, convien che ri-
guardi un punto, ch è quello, ove tutte le linee del loro
sapere uniscono; altrimenti nulla hanno di riguardevole,
e anzi sembrano mostruosi.
Questi e più altri a gran numero sono i caratteri e le
forme diverse, onde sì vari di genio e di talento sono fra
di loro gl ingegni. Or qual tempera di capo, qual armo-
nia di qualità, qual disposizione d umori obliga l anima
sì che in alcuni alle cose della mente insensata alle più
scemplici e materiali agilissima; in altri nelle astratte ec-
cellente, nelle pratiche inutile; qui ad una qui ad un al-
tra, altrove a tutte, altrove a niuna opera di discorso o
fatica d ingegno sia disposta? Se le azioni dell anima in-
tendente da lei si fanno e si ricettano in lei; che vi può il
corpo comunque sia temperato, o il celebro, in qualsivo-
glia maniera disposto? e se nulla ci può; resta che la di-
versità degl ingegni sia diversa perfezione dell anima,
non varia disposizione del corpo.
Ma se ciò è vero, se dall organo per operare, se dalla
tempera degli umori per bene operare non dipende la
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mente; ond è, che altri, o per improvisa percossa di ca-
po, o per istrana malattia, hanno chi repente chi a poco
a poco smarrita la memoria e perduto l ingegno, sì che
il lor capo, come il vaso di Pandora aperto e l utre d
Ulisse sventato, è stato poi sempre senza spirito, senza
senno? Onde dall eccessivo caldo del celabro lo scon-
certo della ragione, il ribollimento delle specie, il disor-
dine del discorso, il delirio, la pazzia? Perchè chi fan-
ciullo era ingegnoso e pronto, crescendo con gli anni,
avvien tal volta che ingrossi di Mente; tanto dipoi stupi-
do, quato era inanzi svegliato? Pur l anima è la stessa;
chi dunque le spennò, l ingegno, chi le spuntò i pensie-
ri, chi la rende così altra da quella che una volta fa?
Ma i paesi? de quali alcuni fertilissimi di grandi inge-
gni; come in Attica quella famosa Atene, nido e patria
delle scienze, e, quanto la cerchiavan le mura, tutta un
tempio di Pallade, tutta un Academia di Letterati: all
incontro la Beozia abitata non dirò da uomini vivi, ma
da statue morte, in cui la ragione non mostrava fra gli al-
tri maggior discorso di quello, che s abbian moto i Zoo-
fiti fra gli animali. Fra Città e Città, anche in Provincie
vicine, non si vede egli sì gran differenza d ingegno, che
alcune sembran d avere, come l Alessandria d Egitto,
disegnate le prime loro fondamenta con la polenta, altre,
poste sui gioghi dell Olimpo, aver più alto il piè che al-
tre non portano, il capo? E donde questo, se nè il cielo,
nè l aria, nè il paese, nè gli spiriti, nè gli umori, che da
essi si temperano, hanno punto di forza in quelle azioni,
che, proprie del l anima come principio del discorso, da
lei sola si producono e in lei si ricevono?
Per tanto più provata e certo piú ricevuta opinione è,
che la tempera della complessione, ond è lo stato del cor-
po, serva, così all ingegno e alla diversità del suo genio,
come all armonia d una cetera all aggiustamento delle
sue corde, e a diversa armonia, Frigia, Dorica, Lidia, di-
verso concerto di voci, intervallo di suoni, misure di tem-
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pi, ordine e disposizione d interi e dimezzati tuoni, pro-
prj e aggiunti; onde variissima nasce la musica, grave, la-
sciva, guerriera, malinconiosa, allegra. Veggansi i varj, di-
remo Tuoni e Modi d ingegno, che dal vario concerto
delle prime qualità in nove maniere di corpi umani de-
scrisse Cardano veggansi le misure d otto parti di sangue,
due di bile, e due di melanconia, che all armonia d un
grande ingegno prescrisse il Ficino; e credane ognun quel
che vuole, ancor se fosse non ne creder niente.
Questo universalmente par vero, che avendo l opere
dell ingegno un non so che dell igneo, sì come mostra-
no e il velocissimo moto de pensieri e la natura degli
spiriti igne che lo servono, quegli umori che più tengono
del focoso, più sono abili a servirlo, sì come all incontro
la flemma lo rende stupido e quasi in un piccol letargo
dormiglioso. Dunque la bile, ch è in eccesso calda e di-
poi secca, tutta è in acconcio dell ingegno. Ma più di
lei, come che meno paja, la malinconia: non quella gros-
sa e d umor feccioso, che più simbolizza con la flemma
nel freddo che con la bile nel secco, ma una certa quasi
parte più adusta della flava bile fredda e secca per natu-
ra, come la terra; ma se abbia chi l assottigli e chi l ac-
cenda sì abile a concepir fuoco (come l esalazioni solle-
vate dal Sole, che pur sono terra fredda e secca), e fuoco
sì vemente e sì gagliardo, che tiene del fulmine nella for-
za, ma è più durevole e più costante. E di qui nasce il fu-
rore e quella saggia frenesia della mente, che tutta fuori
di sè la rapisce, e tutta in sè la concentra; che le dà, velo-
cissimi moti e la tiene stabilissima e fissa, tutti insieme
spargendole e tutti raccogliendole i pensieri. Nè dee
mancare, l uno per alimento a gli spiriti, l altra tempera
il Sangue e la Flemma: acciochè o sterile il troppo secco
non renda, o il soverchio caldo non istemperi l organo,
e porti più caligine che splendore. Il predominio però
deve essere igneo, il restante del misto a proporzione de
gradi di questo.
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E questa è, s io mal non indovino, quella tanto famo-
sa Luce secca d Eraclito. Quell igneus vigor et cSlestis
origo che dove più limpida ha la fiamma, e in più purga-
ti umori meno e torbida e fosca, ivi è cosa più di mente
celeste che di terreno ingegno.
Questo è quel tanto difficile elettro, Ingegno insieme
è Giudicio. L Ingegno, il Mercurio, tutto istabilità e mo-
vimento; il Giudicio, la Chimica, medicina che lo fissa. [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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